Cerca sul sito:


 
La Conversazione


La Trama
Harry Caul (G. Hackman), un esperto di sorveglianza e sistemi di sicurezza, è ingaggiato da un misterioso uomo d'affari (R. Duvall) per indagare sul supposto tradimento della moglie di quest'ultimo.
Harry, fra i professionisti migliori del suo settore, si mette subito al lavoro per registrare e consegnare i nastri di una conversazione fra la donna e il presunto amante, ripulendo l'incisione in modo che risulti più chiara possibile e, una volta ancora, confermi la sua fama. Ma durante le operazioni sulle tracce audio, un equilibrio si rompe in Harry, un uomo schivo, freddo, riservato, geloso della sua solitudine e intimità tanto da mentire a tutti, amanti e amici compresi, quando scopre un potenziale pericolo che incombe sui due "galeotti", una minaccia, incarnata dal suo stesso datore di lavoro, che pare non volersi fermare di fronte a nulla. Per Harry, mai libero, di fronte a se stesso, di rivelare la situazione a nessuno, comincia un incubo in equilibrio fra la sua professionalità e la necessità di fare in modo che i due amanti siano messi in salvo, per non sporcare la sua coscienza e non avere rimorsi, etici o religiosi.
A fare da contrappeso ai dubbi di Harry il suo collega Stan (J. Cazale), alla ricerca di una maggiore confidenza del nostro, e il misterioso Martin Stett (H. Ford), assistente del datore di lavoro del protagonista e uomo pericoloso almeno quanto lui.
Il continuo ascoltare del nastro, la solitudine di chi sa e non può (o non vuole?) parlare, le minacce agli amanti e a lui stesso, portano Harry sull'orlo del crollo, indeciso se compiere un azione eticamente degna o intascare il denaro pattuito per il lavoro e dimenticarsi di tutto, come sempre, liberandosi, ad un tempo, dall'opprimente peso di Stett e delle sue minacce.
La matassa di quella conversazione sarà sbrogliata in una stanza d'albergo, il giorno dell'appuntamento dei due amanti: Harry sarà lì, come un angelo custode, come una spia, come un fantasma che ascolta, non visto, come ha sempre fatto. Eppure, questa volta, sarà diverso. Harry scoprirà di non essere il solo ad ascoltare.

Commento
Ripenso a "1984". A "V for Vendetta". A Watergate e a "Tutti gli uomini del presidente".
Orwell, Moore e Pakula sono figli di epoche e culture diverse, per formazione e ricerca, eppure, in ognuna di queste "pietre miliari", risiede una delle angosce maggiori dell'uomo moderno, figlio di un mondo fatto di tecnologie, telefono, telecamere, "grandi fratelli" e simili: essere spiato, ascoltato, seguito, svelato in ogni segreto, e minacciato, in un certo senso, nella sfera più intima è certamente una delle angosce ricorrenti degli ultimi trent'anni.
Con "La conversazione", Coppola entra di diritto nel ristretto gruppo di questi grandi artisti confezionando un opera terribile, inquietante, piena di solitudine e sospetto, sfiducia e pessimismo, che parte da uno "spione" e chiude con uno "spiato". Seguendo le orme del miglior Hitchcock, il maestro italo americano analizza entrambi i lati di questa paura attraverso uno dei suoi personaggi più "grigi", eppure più riusciti: il tecnico Harry Caul. Chiuso, fobico, misantropico al limite della follia, incapace di rinunciare all'esterno e ai suoi legami eppure altrettanto dipendente dalla sua paura di essi: così le menzogne, la sua grande abilità di addetto alla sorveglianza, le sue poche parole, il suo "isolamento volontario" rispetto al mondo (l'appartamento e il telefono "fantasma", lo studio in un capannone del tutto anonimo, i rubinetti aperti come per neutralizzare microfoni, la musica - una fuga o una nuova "copertura" del suono? -) diventano, a un tempo, una scusa e un riparo, e pongono Harry nella condizione di sognare una vita normale avendo già le scuse pronte per ogni allontanamento volontario, o per ogni insuccesso.
Come uno degli "infernali" ignavi, il protagonista - quasi "allergico" anche alla sua stessa abilità e successo nel campo, come dimostra la lunga sequenza del congresso con i "colleghi" - pare passare attraverso a ogni avvenimento soffocando qualsiasi pulsione, e i suoi stessi dubbi a proposito della conversazione fulcro della vicenda non nascono dall'effettivo timore di quello che potrebbe accadere ai due amanti, bensì dalla paura di Harry di "sporcarsi la coscienza", quasi Dio - lo "Spione" per eccellenza, tutto sommato - potesse punirlo per un eventuale concorso di colpa.
La spirale innescata dal dubbio di Harry porta poi il protagonista sull'orlo di una crisi non solo etica e "professionale", ma mentale, in un vortice claustrofobico che sfocia in parentesi quasi "horror" (ammesso che il termine sia esatto, oltre alle palesi influenze hitchcockiane, la sequenza dell'albergo pare quasi anticipare alcuni momenti dello Shining di Kubrick, che giungerà soltanto sei anni dopo): il tecnico, abituato a conoscere, spiare, ascoltare, d'un tratto comincia a temere di essere lui stesso al centro di un intrigo che non riesce a comprendere, ma che, addirittura, lo rende vittima di un complotto che lo fa apparire sempre più vulnerabile, verso se stesso, verso i suoi amici e colleghi (esemplare il momento in cui, sorpreso dal "rivale", esplode in un accesso di rabbia di fronte a tutti i suoi invitati), così come rispetto alla posizione degli amanti e del temibile Stett, esemplare figura che incarna, a mio parere, tutta l'inquietudine americana di un periodo storico decisamente burrascoso (Watergate, il Vietnam, i semi della "Guerra fredda" degli anni '80 ancora a venire).
La splendida caratterizzazione del personaggio, uno dei più mediocri antieroi del cinema, impaurito eppure distante, a cui non si riesce a "voler bene" e in cui ugualmente ci si identifica per impotenza e solitudine di fronte all' "ignoto" di qualcosa di più grande, rende questa pellicola - forse una delle meno note, almeno al grande pubblico, di Coppola, nonché "passaggio" fra i primi due episodi della saga del Padrino (uscì nello stesso anno del monumentale "Parte II")- una delle più significative opere dell'intero decennio dei "seventies", e forse, letta a determinati livelli, perfino superiore alla succitata saga corleonesca, pur se profondamente diversa e priva del barocchismo e dello stile "titanico" a cui il regista ha abituato i suoi fan più accesi. Una frase, oltre all'inquietudine e, quasi, alla paura, ha pervaso la mia visione della pellicola, molto più che la curiosità stessa di scoprire dove e come si sarebbe conclusa la vicenda: è un antico detto latino che, pur se non eccezionalmente, in italiano suonerebbe così, e che mi ricorda un altro popolare fumetto del succitato Alan Moore (tra le altre cose, ispiratore, con i suoi lavori, di film come "From Hell" e "La lega degli uomini straordinari", mai, purtroppo - soprattutto il secondo- grandi come le sue graphic novels). "Chi controlla i controllori?" Bisognerebbe chiederlo a Harry, o, forse, a un altro livello, e seguendo lo stesso esempio del protagonista, a Dio o a chi per Lui.
Quanti significati riusciremmo a scoprire - o scopriamo tutti i giorni nell'epoca del multimediale, così complesso eppure potenzialmente debole, e della privacy - nel conflitto fra etica e professionalità, fra sentire e ascoltare? Quanti significati ha una conversazione?
Quante sfumature, racchiuse in una parola o nei suoni?
Tutto questo potrebbe ucciderci, o salvarci. Portarci a mille e più domande senza risposta, o spingerci a girare la testa (e le orecchie) a qualsiasi cosa possa portarci fuori dal nostro "isolamento volontario". Perché, in fondo, come Harry, siamo tutti soli.
"Chi controlla i controllori?" - nessuno può saperlo. Eppure loro "restano in ascolto", micidiali e ineluttabili. Qualsiasi volto abbiano.

Continua

   
Gianmarco    
 
   
 
  Titolo:
La Conversazione

Sottotitoli:
Italiano, Inglese, Inglese per non udenti.

Formato:
16:9, 1.85:1.

Regia:
Francis Ford Coppola.

Lingue:
Inglese 5.1.

Cast:
Gene Hackman, John Cazale, Allen Garfield, Frederick Forrest, Cindy Williams, Michael Higgins, Elizabeth MacRae, Teri Garr, Harrison Ford, Robert Duvall.

Durata: 113''

 © Overgame.it La riproduzione parziale o totale dei contenuti di questo sito è vietata. I marchi esposti appartengono ai relativi  proprietari.