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Labyrinth - Dove Tutto è' Possibile


La Trama
Sarah (J. Connelly), ragazzina appassionata di fiabe e recitazione, è costretta all’ennesima serata casalinga con il fratellino Toby a causa dell’uscita galante di suo padre e della matrigna, consuetudine ormai divenuta regola mal digerita dall’adolescente. I continui pianti di Toby, per il quale i genitori hanno violato anche la camera di Sarah, prendendo per lui uno dei suoi preziosi pupazzi, aumentano il malessere della ragazza che, in preda al nervosismo, recita – pur se solo casualmente – la fatidica frase secondo la quale, nel suo libro “Labyrinth”, il re della città di goblin e i suoi folletti giungono per rapire i bambini sulla nostra terra. Il pianto di Toby cessa all’istante e Sarah, preoccupata, torna sui suoi passi scoprendo non solo che i folletti esistono, ma che Jareth (D. Bowie), il loro sovrano, ha subito obbedito al richiamo rapendo Toby e confinandolo nel suo castello, protetto dalle mura della città di goblin e posto al centro di un labirinto che nessuno è mai stato in grado di superare.
Gli appelli della ragazza non servono, ciò che è detto è detto: Sarah avrà a disposizione soltanto tredici ore per superare il labirinto e raggiungere il fratellino nel castello, prima che l’incantesimo che lei stessa ha risvegliato lo trasformi in uno dei folletti di Jareth, assoluto padrone di un mondo ove tutto sembra possibile, e nulla è come sembra.
La ragazza, sola e smarrita, troverà la forza di non dare tutto per scontato, e scoprirà che nel reame del fantastico non ci sono soltanto minacce, ma amici più o meno riluttanti a prestare aiuto e cuore per la realizzazione di un impresa che pare, a tutti gli effetti, impossibile. Il nano Gogol, l’enorme Bubo e l’impavido Sir Didymus accompagneranno Sarah fino alle porte della città di goblin, quando il confronto sarà il gioco di sguardi e illusioni che solo la fantasia può regalare: quanto potere avrà Jareth, nell’ora più importante del sogno di Sarah?

  

Commento
Ricordo di aver visto “Labyrinth” per la prima volta intorno al 1990: venivo dalla scoperta recente di un altro dei grandi film di culto per chi, in quegli anni, era bambino, quel “Gremlins” di Joe Dante che tanto aveva emozionato le mie prime visioni uscite da poco dal “tunnel Disney”. Eppure, se per “Gremlins” il brivido la fece da padrone, con “Labyrinth” fu la meraviglia, a conquistarmi: per prima cosa, la scelta di una protagonista femminile, per allora quasi una sfida, considerando che per un bambino di neanche undici anni è difficile immedesimarsi in una figura chiave dell’altro sesso. Subito dopo, l’ambientazione, quel David Bowie che sprizzava fascino ad ogni apparizione, creature e mondi che pensavo fosse possibile realizzare soltanto grazie ai disegni animati, e che, ora, avevo di fronte agli occhi, in una gamma di varietà e cialtronesche menzogne da rimanere a bocca aperta: e questo fu il secondo segreto della pellicola di Jim Henson. Per la prima volta, dopo anni di film (Gremlins e I Goonies, altra grande tappa per i bambini degli anni ’80, compresi) non si risolveva il tutto come una semplice lotta fra bene e male, o supposti tali: Sarah non è, infatti, la più simpatica dei protagonisti possibili, e, pur se involontariamente, manifesta il desiderio di veder scomparire il fratellino mostrando irrequietezza e instabilità, Jareth appare più malinconico, che malvagio, e spesso, fra le righe, si nota con quanto sotterraneo desiderio voglia vedere la ragazza giungere fino a lui, al castello.
Alle loro spalle, creature di ogni genere, mai davvero buone, o cattive, ma sempre troppo umane nella loro incredibile collocazione: Gogol, il nano vigliacco attratto da Sarah, è responsabile di gran parte delle sue sventure, e forse proprio per questo la ragazza è la prima a considerarlo amico, o forse, in un mondo perfetto, qualcosa in più; Bubo, il gigante che muove i sassi, risulta quasi più un bambino, e Sir Didymus, il coraggioso cavaliere, non ha alcun mezzo fisico per mostrare, almeno rispetto a quanto vorrebbe, la sua brama di vittorie. I tre compagni di Sarah sono soltanto la punta dell’iceberg di un reame del fantastico ricco di spunti e caratterizzazioni complesse e beffarde, veri e propri folletti, che mai danno l’impressione di essere davvero una minaccia, quanto una prova da superare per poter, alfine, apprezzare i sogni per quello che sono: una strada magica e sempre viva, nei nostri cuori, per “fuggire”, ma anche per apprezzare, o imparare a farlo, tutto quello che abbiamo attorno.
Tornare, e non per la prima volta, a rivedere questo film, è stato come rivivere i momenti magici che ne caratterizzarono la prima visione, dalla paura velata dell’apparizione dei folletti e di Jareth alle meraviglie dello stesso con le sfere di vetro: e se allora certo apprezzavo di più le parentesi battagliere, o i momenti meno statici, ora resto ammirato di fronte ai passaggi più onirici e complessi della pellicola, tanto da dimenticarmi di alcune sue ingenuità, e accettare il sogno per quello che era, ed è ancora, senza immaginarmi quello che sarebbe stato di questo film se dietro la macchina da presa si fosse trovato il grandissimo Terry Gilliam, senza perciò nulla togliere al creatore dei Muppets Jim Henson, che, se certo non si può dire un regista “da urlo”, contribuisce al meglio donando una vitalità ai suoi personaggi – senza dimenticarci le ambientazioni – che non si perde in manierismi e giochi di prestigio intellettuali ma accetta la semplicità di una fantasia per quello che è: come recita il sottotitolo italiano (per una volta azzeccato), “dove tutto è possibile”.
Labyrinth non è certo soltanto figlio di Henson e della sua pur prodigiosa inventiva, ma pare essere stato in grado di portare allo scoperto il lato fanciullesco e fantastico di ogni partecipante attivo del progetto: se le creature del bosco capaci di farsi letteralmente a pezzi sono figlie della migliore tradizione del “Muppet Show”, il gigante di ferro alle porte della città di goblin, o la vecchia della discarica, che tanto ricorda la Baba Jaga, paiono favole filtrate attraverso il senso del meraviglioso di George Lucas, produttore esecutivo dalla presenza quasi troppo ingombrante.
Accantonando, però, ogni pensiero legato a congetture, valutazioni tecniche e quant’altro, dedico più che volentieri le ultime righe del mio commento a uno dei momenti più “cult” della pellicola, ricordo indelebile della prima visione e sorprendente “magia” legata al carisma del re dei goblin: sfido infatti chiunque di voi abbia visto questo film in tenera età ad ammettere di non aver perlomeno tentato di ballare almeno una volta “Magic Dance”, certo non uno dei pezzi più memorabili di Bowie, eppure capace, allora come ora, pur essendo rimasto solo un piacevole ricordo, di muovere qualcosa negli occhi dello spettatore, specie se bambino.
Jareth, che fa saltare il piccolo Toby fino al soffitto, che canta fra i folletti che levitano quasi fossero astronauti sulla Luna, è una delle immagini cinematografiche più care della mia infanzia, e rivederla, seppur non con la stessa meraviglia, anzi, quasi sorridendo, è accogliente e magico quanto pare, in quel momento, la sala del trono di quello che dovrebbe essere “il cattivo”.
Niente è come sembra, in questo posto”, è il monito del verme a Sarah, all’ingresso del labirinto. Le fate mordono, e sono cattive, e i folletti, più che minacce, appaiono guasconi e confusionari.
Quando si dice che la fantasia superi la realtà.

Continua

   
Gianmarco    
 
   
 
  Titolo:
Labyrinth - Dove Tutto è' Possibile

Sottotitoli:
Italiano, Inglese, Arabo, Bulgaro, Ceco, Croato, Danese, Ebraico, Finlandese, Greco, Norvegese, Olandese, Polacco, Portoghese, Svedese e Ungherese.

Formato:
2.35:1 Anamorfico 16:9.

Regia:
Jim Henson.

Lingue:
Italiano, Inglese, Ungherese Surround.

Cast:
David Bowie, Jennifer Connelly.

Durata: 97'

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