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Saw – L’enigmista


La Trama
Il facoltoso medico Lawrence (C. Elwes) e lo squattrinato fotografo Adam (L. Wannell) fino a ieri avevano una vita, una famiglia, una professione, peccati nascosti e celate virtù, come ogni essere umano. Oggi tutto è alle loro spalle. Entrambi si sono svegliati in una stanza che somiglia a un fatiscente bagno pubblico in disuso, incatenati ai tubi del vapore, separati dal cadavere di un uomo con la testa fracassata da un colpo di pistola che lo stesso pare essersi sparato. Nessuno dei due sa perché si trova lì, e prima che possano darsi una spiegazione, il maniaco soprannominato dalla polizia “L’enigmista”, tramite due audiocassette, li informa della loro situazione e detta le regole di un gioco mortale che coinvolge entrambi: nella stanza in cui si trovano, infatti, ci sono tutti gli elementi perché il gioco possa concludersi con la scelta dei malcapitati protagonisti. Lawrence, infatti, ha otto ore di tempo per decidere se e come, grazie agli strumenti fornitigli dall’Enigmista, uccidere Adam, reo di non apprezzare la vita come dovrebbe. Se ciò avvenisse, non soltanto il medico sarebbe libero di tornare alla vita, ma sua moglie e sua figlia, cadute nelle mani dello psicopatico, sarebbero prontamente liberate. Adam, dal canto suo, dovrà scegliere se riporre la sua fiducia in Lawrence oppure tentare il tutto per tutto per fuggire, senza neppure pensare all’unione delle forze con l’uomo prigioniero insieme a lui, costretto, prima o poi, a scegliere tra i suoi cari e la vita di uno sconosciuto.
Ma Lawrence e Adam sono davvero due estranei?
Cosa li ha condotti in quella stanza, e quali giochi sono davvero celati oltre le pareti della prigione? Quali sono le loro colpe?
In che modo l’infermiere Zep (M. Emerson) è legato agli omicidi?
Per quale motivo l’ex poliziotto Tapp (D. Glover), ossessionato dalla morte del giovane collega Sing (K. Leung) a causa di una trappola dell’Enigmista ritiene che Lawrence, già indagato in merito allo stesso caso, sia strettamente connesso alla follia dello psicopatico?
Di fronte a un nemico senza volto, a domande, verità e ricordi che paiono affiorare da una memoria volutamente cancellata, e con l’incombente, macabra prospettiva di doversi amputare i piedi per liberarsi dalle catene come ultima risorsa e prospettiva di libertà, Lawrence e Adam, chiusi nella loro prigione, cercheranno, guardandosi dentro e attorno, una strada che li conduca al misterioso Enigmista, assassino che non uccide, uomo senza perdono.
Una collega di Tapp, di fronte alla prima vittima dello psicopatico, afferma: “L’Enigmista vuole sempre un posto in prima fila”. Dove sarà, questa volta? Nascosto oltre la camera che riprende i prigionieri? A casa di Lawrence, o di Adam? O accanto a noi, a godersi lo spettacolo?



Commento
Negli ultimi anni, probabilmente grazie a una doverosa rivalutazione e scoperta del cinema orientale, generi sepolti da tempo quali l’horror, lo splatter, il gore e temi molto vicini a vendetta, rancore, violenza e odio sono tornati alla ribalta sulle scene occidentali, complici una serie di remake più o meno riusciti capaci di mescolare a vecchi “must” americani (“Non aprite quella porta” di Tobe Hooper, 1974 su tutti) i nuovi “cult” del sol levante (“Old Boy” di Park Chan Wook, 2003, “Audition” di Takashi Miike, 1999): il risultato, purtroppo, fino ad ora non è mai stato all’altezza degli illustri epigoni di queste nuove produzioni.
Saw – L’enigmista”, lanciato qui in Italia con una campagna pubblicitaria che lo annunciava più inquietante di “Seven” (David Fincher, 1995) e “Il silenzio degli innocenti” (Jonathan Demme, 1991), non scampa a questa serie nera: le pretese e le buone qualità di Wan, regista australiano esordiente, vengono inghiottite da una pellicola tirata troppo per le lunghe e abbattuta da un finale che, come per “Alta tensione” (Alexandre Aja, 2003), demolisce quanto di interessante era stato costruito fino a quel momento, quasi sottolineando le carenze di una storia che appare più volte troppo compiaciuta e irreale. Se l’horror è in sé un genere che giustifica scelte più fantasiose, è anche vero che, all’interno dello stesso, la coerenza narrativa di una vicenda deve sempre e comunque cercare di mantenersi salda, senza mostrare il fianco – come in questo caso – attraverso inutili flashback raccontati in terza persona (scelta piuttosto opinabile, e in ogni caso di difficilissima realizzazione) e un finale alla ricerca della sorpresa obbligata, che tutti questi registi, probabilmente fan del vecchio Hitchcock e Polanski, pensano di sfoderare quasi fosse un segno della loro grande arguzia, e che, al contrario, finisce purtroppo per suonare come una presa in giro dello spettatore, che, pur essendosi divertito – in fondo è come intrattenimento che nasce il cinema – può pensare di aver sprecato del tempo cercando di raccapezzarsi in un gioco che, in realtà, non è neppure iniziato. Peccato, perché l’idea di partenza di Wan e Wannell era tutt’altro che scontata, e poteva davvero creare un ponte con il succitato “Old Boy” – straordinaria opera di inizio millennio, da vedere assolutamente se ancora non avete avuto occasione -: l’Enigmista, infatti, è un omicida non omicida. Costringe le sue vittime, mettendo in gioco la salvezza, a togliersi la vita o, come nel caso di Lawrence e Adam, a eliminare il proprio “compagno” per avere l’occasione di essere liberati: uno spunto davvero scottante, considerati trascorsi illustri come quello di Charles Manson, e che a livello giuridico prima che morale è in grado di creare problemi di concetto. Come giudicare colpevole un assassino che non ha ucciso, ma indotto a uccidere? E quali freni inibitori può avere una persona – in questo caso Lawrence – che si vede porre innanzi agli occhi la scelta di uccidere uno sconosciuto per salvare se stesso e, ancor più, persone a lui care? Si potrebbe discutere per ore, in proposito, e proprio partendo da un concetto come questo, costruire un “horror intelligente” o “politico” come quelli di Carpenter e Romero.
Gli stessi spunti forniti dal senso di colpa per la morte del collega del detective Tapp, ormai ossessionato dalla cattura dell’assassino, e guidato verso il facoltoso medico di successo forse da un sentimento di rivolta sociale, si perdono in quella che diviene una sorta di copia sbiadita del poliziotto interpretato da Morgan Freeman nel già citato “Seven”, dove, al contrario della pellicola di Wan, si sfruttavano i momenti morti per mostrare, in genere con un inquadratura fugace, o appena percettibile, i sospetti principali da seguire: in questo caso, al contrario, complici alcuni movimenti di macchina troppo marcati, si ha chiaramente la percezione della maggior parte degli individui coinvolti nel gioco dell’Enigmista.
Il colpo di scena che Wan e Wannell preparano, invece, per la conclusione, appare effettivamente meno scontato di altri, eppure apre la strada, come già sottolineato, a numerosi buchi nella sceneggiatura, capaci di penalizzare anche un genere “permissivo” quale l’horror – e il cinema del fantastico in genere -, da sempre ricchi di “licenze poetiche”.
Non un prodotto da scartare a priori, ma neppure quel cult irrinunciabile annunciato dalla campagna promozionale: ridicolo giudicarlo, come molti benpensanti fecero all’uscita, come un opera violenta e scandalosa – anche perché Wan ha la perizia, e questo gli va certo riconosciuto, di mostrare molto poco, e lasciare, pregio in alcune situazioni, difetto in altre, allo spettatore e alla sua immaginazione l’idea dell’avvenimento -, piuttosto come un film d’intrattenimento dalle ambiziose pretese ma dal risultato limitato.

Continua

   
Gianmarco    
 
   
 
  Titolo:
Saw – L’enigmista

Sottotitoli:
Italiano.

Formato:
1.85:1 Widescreen.

Regia:
James Wan.

Lingue:
Italiano e Inglese 5.1 Dolby Digital, Italiano 6.1 DTS.

Cast:
: Cary Elwes, Danny Glover, Monica Potter, Michael Emerson, Ken Leung, Tobin Bell, Leigh Wannell.

Durata: 99'

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