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                                      La Trama 
                                      73 A.C. Roma è all’apice della 
                                      sua espansione, e da ogni provincia dell’impero 
                                      schiavi di tutte le razze vengono raccolti 
                                      e sfruttati per necessità e svago 
                                      dai patrizi romani. Nei pressi di Capua, 
                                      in una miniera, lavora duramente il trace 
                                      Spartacus (K. Douglas), che, come suo padre 
                                      e suo nonno prima di lui, ha conosciuto 
                                      solo la morsa delle catene. Ribelle e violento, 
                                      spesso punito dai centurioni, viene casualmente 
                                      scoperto da Lentulo Batiato (P. Ustinov, 
                                      premiato con l’Oscar), allenatore 
                                      di gladiatori, e da quest’ultimo comprato 
                                      per la sua grande prestanza fisica.  
                                      Formatosi, come guerriero e come uomo, alla 
                                      scuola di Batiato a Capua, Spartacus, da 
                                      subito leader fra i compagni, conosce l’umiliazione 
                                      riservata ai gladiatori dai patrizi e l’amore 
                                      di una donna, Varinia (J. Simmons), come 
                                      lui nata schiava. Proprio a Capua la sua 
                                      strada si incrocia per la prima volta con 
                                      quella di Crasso (L. Olivier), senatore 
                                      romano, che ordina un combattimento mortale 
                                      per soddisfare le sue altolocate amicizie 
                                      e acquista Varinia, strappandola all’amore 
                                      del trace.  
                                      Di fronte all’ingiustizia e alle violenze 
                                      subite, motivati dall’esempio di Draba 
                                      (W. Strode), i gladiatori guidati da Spartacus 
                                      insorgono mettendo la scuola a ferro e fuoco 
                                      e dandosi alla fuga nelle campagne, protetti 
                                      dagli schiavi che vedono in loro una speranza 
                                      di rivolta contro la tirannia di Roma. 
                                      La storia, a questo punto, si divide: da 
                                      una parte le strade polverose dell’Italia 
                                      romana, battute dal sempre più nutrito 
                                      esercito di schiavi agli ordini di Spartacus, 
                                      che sequestrano beni patrizi, liberano i 
                                      loro compagni dalle catene e sconfiggono 
                                      a più riprese le legioni dell’impero, 
                                      dall’altra Roma, dove il senatore 
                                      Gracco (C. Laughton), sostenitore delle 
                                      cause popolari, ordisce trame volte alla 
                                      caduta del rivale Crasso e all’affermazione 
                                      del suo protetto, un giovane Giulio Cesare 
                                      (J. Gavin).  
                                      Nell’ultima parte della vicenda assistiamo 
                                      al climax dello scontro fra l’esercito 
                                      degli schiavi, sempre più numeroso 
                                      e potente, e l’organizzazione di una 
                                      controffensiva romana, che vede la progressiva 
                                      imposizione di Crasso su Gracco fino all’elezione 
                                      del primo come unico console di Roma, preludio 
                                      a quella che sarà, di lì a 
                                      pochi anni, la fine della Repubblica. 
                                      Dopo l’ultima battaglia fra Spartacus 
                                      e Crasso, sconfitti gli schiavi, Roma celebra 
                                      nel modo più crudele e drammatico 
                                      la sua vittoria, mentre Gracco accetta la 
                                      sconfitta – politica e sociale – 
                                      non senza un ultimo sgarbo al suo eterno 
                                      rivale: comprerà infatti Varinia, 
                                      divenuta moglie di Spartacus, e suo figlio, 
                                      per dare loro la libertà, incaricando 
                                      Lentulo Batiato, caduto in disgrazia, di 
                                      portarli in salvo grazie a un salvacondotto 
                                      del senato. 
                                      Proprio alla loro partenza da Roma, passeranno 
                                      di fronte all’interminabile, tetra 
                                      scia di schiavi ribelli crocefissi da Crasso 
                                      sulla Via Appia, che culmina, alle porte 
                                      di Roma, proprio con Spartacus, che morirà 
                                      sconfitto e umiliato, dopo essere stato 
                                      costretto a uccidere l’amico Antonino 
                                      (T. Curtis), eppure sicuro della libertà 
                                      di suo figlio. 
                                      
                                      
                                      Commento 
                                      Per un fan di Kubrick come il sottoscritto 
                                      è difficile approcciarsi all’opera 
                                      meno kubrickiana del grande regista newyorkese, 
                                      disconosciuta più volte dallo stesso, 
                                      passata attraverso la mano (pur se rapida) 
                                      di un altro regista (A. Mann) e le innumerevoli 
                                      revisioni e “intromissioni” 
                                      dello sceneggiatore Dalton Trumbo e del 
                                      protagonista/produttore K. Douglas. 
                                      Sapevo che tutta l’operazione era 
                                      nata in seguito a un desiderio “di 
                                      vendetta” dello stesso Douglas 
                                      in seguito alla sua bocciatura per la parte 
                                      di Ben Hur, affidata a Charlton Heston, 
                                      ma non immaginavo certo che Spartacus sarebbe 
                                      stato una vera e propria versione “politicamente 
                                      scorretta” del kolossal di William 
                                      Wyler: la struttura, la durata, la magnificenza 
                                      del film rispecchiano infatti moltissimo 
                                      la pellicola che soltanto l’anno precedente 
                                      aveva sbancato l’Academy con ben 11 
                                      statuette vinte.  
                                      La suite musicale che parte dopo i titoli 
                                      di testa (opera del grandissimo Saul Bass, 
                                      co-autore, con Kubrick, anche delle scene 
                                      di battaglia), l’intervallo – 
                                      sempre accompagnato da una suite – 
                                      a metà pellicola, il minutaggio e 
                                      una struttura che può essere riassunta 
                                      facilmente in tre grossi blocchi, infatti, 
                                      accumunano i due film, separati, però 
                                      profondamente da un approccio etico differente, 
                                      dovuto soprattutto alla sceneggiatura di 
                                      Trumbo, una delle prime dieci vittime del 
                                      “maccartismo” hollywoodiano, 
                                      qui per la prima volta inserito nei titoli 
                                      di testa senza alcuno pseudonimo dopo anni 
                                      di lavori firmati con nomi fasulli. 
                                      Più ancora che in Spartacus, espressione, 
                                      più che altro, del protagonismo di 
                                      Douglas (comunque meritevole di un buona 
                                      interpretazione), questa sensazione si avverte 
                                      ad ogni apparizione di Gracco (lo straordinario 
                                      Charles Laughton), senatore difensore del 
                                      popolo che, soprattutto nel suo confronto 
                                      finale con il vittorioso rivale Crasso (un 
                                      grande Laurence Olivier), accenna a “liste 
                                      nere” e “persone scomode”, 
                                      quasi nelle sue parole e nella quieta rassegnazione 
                                      con cui sceglie il suicidio siano presenti 
                                      l’angoscia e il dolore di un uomo 
                                      che ha vissuto sulla sua pelle una simile 
                                      situazione, che rifletta su come, nella 
                                      storia, sia più presente l’ingiustizia, 
                                      della giustizia.  
                                      Questa, principalmente, credo sia la qualità 
                                      di quello che, Kubrick non me ne voglia, 
                                      resta comunque un kolossal: la capacità 
                                      di mostrare personaggi che non sono mai 
                                      completamente positivi (al contrario del 
                                      retto, giusto e “invincibile” 
                                      Ben Hur) ma che, al contrario, devono crescere, 
                                      imparare, soffrire (Spartacus non comprende, 
                                      all’inizio, il ruolo dell’arte 
                                      di Antonino, che, al contempo, imparerà 
                                      sulla sua pelle cosa significa essere un 
                                      guerriero) e che, nessuno escluso, paiono 
                                      uscire sconfitti, in un qualche modo, dalla 
                                      storia: Crasso, il vincitore “politico”, 
                                      teme già l’avvicendamento di 
                                      Cesare, che per garantirsi il primo successo 
                                      in carriera è costretto ad abbandonare 
                                      l’amico Crasso, che si rassegna al 
                                      suicidio. Lentulo Batiato, caduto in disgrazia, 
                                      è costretto ad accettare l’incarico 
                                      affidatogli da Gracco più per soldi 
                                      che per coraggio o voglia di riscatto, i 
                                      ribelli vengono sconfitti e alla fine, pur 
                                      se vincitore “morale”, 
                                      Spartacus, crocefisso e morente, non potrà 
                                      mai vivere la vita che aveva sognato accanto 
                                      all’amata Varinia e a suo figlio. 
                                      Le parentesi romantiche, d’obbligo 
                                      in ogni film del genere, non sono certo 
                                      la materia preferita di Kubrick, che pare 
                                      invece aver dato il meglio nelle straordinarie 
                                      scene di combattimento prima (come la crudele 
                                      “danse macabre” del duello 
                                      fra Draba e Spartacus nell’arena) 
                                      e di battaglia poi (il combattimento finale 
                                      fra l’esercito degli schiavi in rivolta 
                                      e le legioni di Crasso fa impallidire le 
                                      odierne battaglie computerizzate fino all’inverosimile, 
                                      e “crea un precedente” 
                                      per quelle che saranno, poi, le migliori 
                                      scene di battaglia mai girate, quelle di 
                                      un altro maestro del cinema: Akira Kurosawa). 
                                       
                                      Regia “stranita”, quindi, 
                                      di un Kubrick sicuramente a disagio, eppure 
                                      figlia del suo grandissimo talento, ottima 
                                      sceneggiatura e soprattutto un grande cast 
                                      al servizio di personaggi sicuramente più 
                                      “adulti” rispetto a quelli 
                                      di ogni altro kolossal del genere: in particolare 
                                      spiccano, ancor più del vincitore 
                                      dell’Oscar come migliore attore non 
                                      protagonista Peter Ustinov, Laurence Olivier, 
                                      all’epoca uno dei più grandi 
                                      attori del panorama mondiale e l’eccezionale 
                                      Charles Laughton, che conferma le sue doti 
                                      di attore oltre che di regista, e fa crescere 
                                      in me il rimpianto di non averlo visto dirigere 
                                      più di una pellicola.  
                                      
                                      
                                      La Tecnica 
                                      Per quanto riguarda il contributo tecnico 
                                      della pellicola, senz’altro le parti 
                                      più interessanti da sottolineare 
                                      paiono, anche più di scenografie 
                                      e fotografia (premiate allora con l’Oscar), 
                                      la straordinaria sequenza d’apertura 
                                      orchestrata dal maestro del genere Saul 
                                      Bass (ricordiamo la sua mano nei titoli 
                                      di testa, fra gli altri, di Psycho e Quei 
                                      bravi ragazzi) e le già citate scene 
                                      di battaglia, create, per l’appunto, 
                                      dallo stesso Bass e Kubrick. Come “nel 
                                      piccolo” dei duelli fra gladiatori 
                                      le coreografie paiono concentrarsi su una 
                                      sorta di “danza” crudele e spietata, 
                                      così lo schieramento delle imponenti 
                                      legioni romane prima dell’ultima, 
                                      grande battaglia contro i ribelli pare la 
                                      fredda esecuzione di un rituale che prelude, 
                                      senza possibilità alcuna per il nemico, 
                                      la vittoria. Il timore che incutono gli 
                                      scudi serrati delle legioni che vanno a 
                                      incastrarsi come tessere di un mosaico è 
                                      senz’altro superiore a quello di ogni 
                                      esercito di orchi, greci, e troiani supportati 
                                      dalla computer graphic che mi è capitato 
                                      di vedere fin troppo spesso in questi ultimi 
                                      anni.  
                                      Come già detto nel commento, sicuramente 
                                      il punto debole maggiore del film sta nei 
                                      momenti più prettamente “da 
                                      kolossal” della storia (in particolare 
                                      la storia d’amore fra Spartacus e 
                                      Varinia), e nella non completa omogeneità 
                                      della pellicola (pare fin troppo evidente 
                                      lo scontro fra le tre personalità 
                                      dominanti di Douglas – spinto dalla 
                                      forza del personaggio e dell’epica-, 
                                      Trumbo – che lega il suo apporto ai 
                                      contenuti “politici” e Kubrick 
                                      – padre della parte “violenta” 
                                      della pellicola): esemplari, a tal proposito, 
                                      i numerosi “disconoscimenti” 
                                      di Kubrick (arrivò, negli anni ’80, 
                                      a chiedere di non riconoscere la pellicola 
                                      come un suo film “ufficiale”) 
                                      e la famosa frase di Kirk Douglas (che pure 
                                      aveva consigliato il giovane Kubrick in 
                                      seguito al loro sodalizio in “Orizzonti 
                                      di gloria”, in sostituzione del 
                                      licenziato Anthony Mann ) nata dopo i conflitti 
                                      con il regista: “Kubrick, sì, 
                                      un bel talento…  
                                      Di merda!” 
                                       
                                        
                                      Contenuti Extra 
                                      La ricca sezione di contenuti extra è 
                                      stata completata proprio per celebrare l’uscita 
                                      di questa nuova edizione del dvd, di qualità 
                                      sicuramente superiore alla precedente: segnalo, 
                                      in proposito, le consuete parti dedicate 
                                      ai commenti di attori (Douglas e Ustinov), 
                                      dello scrittore Howard Fast, del produttore 
                                      Edward Lewis, dell’esperto in restauri 
                                      Robert Harris, di Saul Bass e Dalton Trumbo 
                                      alla pellicola; le rare scene eliminate 
                                      recuperate dall’immensa prima versione 
                                      dell’opera (Trumbo ha sostenuto di 
                                      aver scritto circa 1400 pagine di sceneggiatura 
                                      e il primo cut di Kubrick portava il film 
                                      a una durata di sei ore), compresa quella 
                                      del finale chiuso nell’inquadratura 
                                      di Spartacus crocefisso, tagliata in seguito 
                                      alle pressioni della Catholic Legion of 
                                      decency; estratti dai cinegiornali dell’epoca; 
                                      interviste a Jean Simmons (del 1960) e a 
                                      Peter Ustinov (del 1960 e 1992); un documentario 
                                      che racconta il “dietro le quinte” 
                                      della scuola per gladiatori; materiali pubblicitari 
                                      e disegni di Saul Bass e Stanley Kubrick; 
                                      trailer originali; cenni sull’opera 
                                      di Saul Bass e soprattutto, questa la parte 
                                      più interessante degli extra, il 
                                      documentario “The Hollywood Ten”, 
                                      dedicato alla prima lista nera stipulata 
                                      nel 1947 ai danni dei dieci “antiamericani” 
                                      – tra cui Dalton Trumbo – che 
                                      avevano rifiutato di negare le loro simpatie 
                                      verso il comunismo. 
                                      Uno dei periodi più bui della politica 
                                      e del cinema americano che Spartacus, in 
                                      un certo senso, contribuì a contrastare, 
                                      vincendo la resistenza delle 17000 lettere 
                                      inviate alle associazioni di veterani che 
                                      recavano la scritta: “Non andate 
                                      a vedere Spartacus”.  
                                       
                                        
                                      Commento Finale 
                                      Concludendo, direi che siamo di fronte all’opera 
                                      meno riuscita di Stanley Kubrick, e, al 
                                      contempo, al kolossal forse più adulto 
                                      e “di spessore” mai prodotto 
                                      a Hollywood.  
                                      Sta poi a chi vede decidere se si tratta 
                                      del peggiore fra i film del regista di “Arancia 
                                      meccanica” o la migliore fra tutte 
                                      le produzioni di massa uscite dagli studios 
                                      californiani. Forse è un po’ 
                                      entrambi, con i pregi e i difetti del caso. 
                                      Ne resta comunque un film forse un po’ 
                                      pesante o datato, eppure assolutamente godibile 
                                      e “grande” in più 
                                      di un senso, non solo realizzativo, del 
                                      termine.  
                                      Prima di buttarsi nella visione di un qualsiasi 
                                      “filmone” epico successivo, 
                                      credo che questo, così come il pur 
                                      inferiore e “rivale” 
                                      Ben Hur, rappresentino il punto di partenza 
                                      (e forse di arrivo) del cinema di genere. 
                                      Con riserva, ma da vedere.  
                                       
                                     
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