Perché in Italia il poker online non è più popolare come dieci anni fa?

Un compleanno senza troppi effetti speciali, giusto una torta con qualche candelina, dieci per l’esattezza. È così che ha festeggiato il poker online italiano il suo decimo anno di attività, una storia che è cominciata con le relative concessioni di licenza e l’apertura del primo torneo sit’n’go che si tenne il 2 settembre 2008. Dieci anni, ma ce ne ha messi molti di meno il poker texano per imporsi nella terra della Telesina, le cinque carte hanno presto dovuto cedere il posto alla coppia, e via di turn, river, flop, fold e via dicendo, una terminologia yankee che un decennio fa poteva dire tutto e niente ma che oggi ha un significato ben preciso: Texas Hold’em.

Storia e numeri del poker online in Italia

L’Italia è stata tra le prime in Europa a legalizzare il poker online, ciò nonostante è arrivata dopo circa una decade in cui gli States avevano già fatto partire e portato avanti la rivoluzione del gioco. Quindi, in realtà, la mania del poker era già arrivata nel Belpaese, che pullulava di tavoli senza licenza, quando poi furono fornite le dovute autorizzazioni non vi fu più alcun argine alla nascite delle poker room nell’etere tricolore. Era il 2 settembre, dicevamo, quindi le rilevazioni della raccolta del 2008 non poté essere considerata; l’anno del vero boom (con record di raccolta non ancora migliorato) fu il 2010, che registrò una raccolta da ben 3,14 miliardi di euro, tanti soldi che rappresentavano una fetta considerevole della raccolta totale del gioco d’azzardo italiano.

Nel 2011 arrivò la prima novità: il cash game. Questa modalità prevede che ci si possa accomodare al tavolo senza dover pagare un buy-in (una quota d’ingresso) ma semplicemente cambiando dei soldi in fiches, a quel punto si può abbandonare il gioco quando si vuole, sia quando si è vinto che quando si è perso, prima che il tavolo abbia il suo unico vincitore e prima di essere eventualmente eliminati. Fu una novità accolta con interesse che sortì grandi effetti sull’economia della raccolta: nel 2011, il poker online raccoglierà 2,2 miliardi di euro, il cash game più del doppio con 4,5 miliardi di euro. Ciò nonostante, da quel momento i ricavi del poker seguirono una parabola discendente, basti considerare che l’online nel 2016 arrivava a soli 754 milioni di euro di raccolta totale.

Dopo 10 anni la necessità del rilancio

Un compleanno difficile quindi, particolarmente amaro se considerato dal punto di vista della matematica. Infatti, se confrontiamo la raccolta del mese di settembre del 2018 con lo stesso mese dell’anno prima, vedremo che il poker online ha perso 800 mila euro e il cash game un milione netto. Insomma, il momento di difficoltà è abbastanza palese ed aggravato da una serie di contingenze esterne non di poco conto: la concorrenza, il clima politico, le occasioni di rilancio mancate.

Un mercato concorrenziale

Il principale problema è che nel mercato dinamico del gioco d’azzardo c’è un continuo arrivo di nuovi giochi e nuove forme di fruizione che seguono anche il passo della tecnologia. Torniamo ai dati AGIMEG, l’agenzia giornalistica sul mercato del gioco, che segnalano l’ascesa dei casinò game con una rilevazione riferita a settembre 2018: sul totale dei 9 mesi, questo settore ha guadagnato 517,5 milioni di euro, +26,7% rispetto al 2017. Non è un caso che le aziende di sviluppo dei giochi digitale si stiano quasi interamente dedicando all’implementazione dei classici del gioco analogico (come slot machine e videolottery) in versione digitale e responsive, cioè disponibile anche su smartphone. E, proprio dando un’occhiata ai siti delle grandi del mercato dell’azzardo troveremo library ricche di casinò games e slot, segno che il pubblico dell’online sta migrando verso nuove mode.

La politica contro l’azzardo

È noto che questo governo si sia espresso fortemente a sfavore del gioco d’azzardo procedendo ad una vera e propria azione di contrasto culminata nel decreto dignità. Il testo della legge agisce sui contratti a tempo determinato, in materia di fisco e lotta alla delocalizzazione delle imprese; oltre a questo, vi è un articolo che vieta la pubblicità per il gioco d’azzardo. In buona sostanza, si prevede che, entro il 14 luglio 2019 (data di entrata in vigore della legge), dovranno cessare la trasmissione e la divulgazione di pubblicità per le aziende del gaming, lo stesso varrà anche per ogni tipo di sponsorizzazione ma a partire dal 1° gennaio 2019.

Il provvedimento prevede anche che, dal 2020, le slot debbano recare un lettore per tessera sanitaria e la scritta “nuoce alla salute”, ennesimo segnale forte da parte dell’attuale esecutivo in contrapposizione ai dilaganti numeri dell’azzardo. Perché, anche se il poker non fa più registrare i numeri di un tempo, la raccolta totale del gioco italiano ha superato per la prima volta i 100 miliardi nel 2017, con il conseguente aumento del numero di casi che hanno o sono a rischio di dipendenza, una questione che il governo ha deciso di affrontare tarpando le ali del marketing delle aziende del gaming.

L’occasione persa della liquidità condivisa

Che cos’è la liquidità condivisa? Il 30 giugno le autorità di regolazione del gioco online di Francia, Portogallo, Spagna e Italia hanno stipulato un accordo che prevede l’avvio di poker room online ai cui tavoli possano prendere posto gli sfidanti di tutti e 4 i paesi e giocare in un regime, appunto, di liquidità condivisa. È un’opportunità stimolante per i pokeristi, che potranno sfidare altri giocatori europei; è inoltre un’occasione per le aziende che si sono già organizzate per disporre al meglio i loro tavoli per questa nuova modalità; è un’occasione anche per i paesi che testeranno in ambito ludico un interessante strumento di scambio e cooperazione tra stati.

Nonostante l’Italia avesse stretto questo tipo di accordo, è l’unico dei 4 paesi firmatari a non aver effettivamente cominciato ad abilitare questa possibilità di gioco nelle poker room operanti nello stivale. Francia, Spagna e Portogallo hanno la liquidità condivisa dal 2018 e traggono già i primi benefici in termini di interesse e raccolta, l’Italia (nonostante abbia previsto la sua cooperazione con un comma della Legge Finanziaria del 2005) non è salita ancora a bordo e, considerata l’attuale situazione politica, non è dato sapere se e quando questo accadrà.

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