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Xbox 360 - Call of Duty: World at War
Call of Duty: World at War
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Produttore:
Activision
Sviluppatore:
Treyarch
Lingua:
Italiano
Versione:
Pal
Genere:
Sparatutto
Giocatori:
1 - 12

Ci si avvicina a lunghi passi verso un altro Natale e, come tutti gli anni, l’industria videoludica si prepara a sfornare una valanga di sequel da stipare sugli scaffali di negozi specializzati, supermercati e vetrine online. I titoli sportivi aggiornano la rosa dei campioni alla stagione corrente, quelli automobilistici offrono una grafica ancor più realistica e poi c’è l’immancabile gioco di guerra, il nostro caro ed amato Call of Duty, che dal suo primo lancio non toppa neppure una virgola.
Anche quest’anno la tradizione verrà rispettata e Treyarch, che si altrerna ad Infinity Ward nello sviluppo dei vari capitoli, non può fare altro che deliziarci con un ritorno alle origini della serie.

Il best seller Activision della scorsa stagione si era discostato dalla Seconda Guerra Mondiale, per offrire al pubblico un ipotetico scontro tra forze su un campo di battaglia moderno, adottando come ambientazioni favorite il medioriente e l’ex Unione Sovietica, ed affrontando argomenti difficili come il terrorismo. Treyarch ha scelto invece di adottare il nuovo e potente motore grafico di Infinity Ward, per realizzare una tra le più realistiche e sanguinose rappresentazioni del Secondo Conflitto che si siano mai viste.
Il sottotitolo di questo gioco non a caso è “World at War”, mondo in guerra, perchè ci vede coinvolti su due fronti dal sapore completamente differente. Da una parte c’è l’Armata Rossa, che si prepara a sferrare il contrattacco decisivo contro il cuore nero del Reich Nazista, dall’altra parte del mondo invece si combatte sul fronte dell’Impero Giapponese tra giungle selvagge e soldati senza paura.
La scelta di ambientazioni così diverse ha permesso di inserire elementi nuovi per la serie, tra cui il tanto atteso lanciafiamme, vero elemento portante del divertimento.
L’unica pecca di quest’arma è l’infinita riserva di carburante. L’unico deterrente all’uso costante del suo potere distruttivo è il veloce surriscaldamento della bocca di fuoco, che ne inibisce l’uso per alcuni interminabili secondi durante i quali saremo vulnerabili. Sempre parlando di arsenale, l’aver coinvolto ogni capo del mondo ha permesso l’introduzione di moltissime tattiche di combattimento (in particolare quelle giapponesi basate sulla mimesi e sulle imboscate) ed un sacco di armi, tutte accuratamente diferrenziate per capienza dei caricatori, cadenza di fuoco e stabilità. Una vera e propria Santa Barbara coi fiochi.
Sul discorso arsenale devo aprire una parentesi obbligatoria, perché nella ricerca del realismo, lo sviluppatore ha deciso di rendere le armi davvero devastanti. L’impatto dei proiettili contro la carne è sottolineato da animazioni ben realizzate, e da tremende mutilazioni che potrebbero infastidire i giocatori meno avvezzi ai dettagli eccessivamente cruenti. Va comunque sottolineato come l’introduzione di questo elemento non sia mirato a rendere il gioco sanguinario, ma solo ed esclusivemante ad aumentare la drammaticità del combattimento. Resta ancora inspiegabile il perché nonostante tutto questo realismo, non sia ancora possibile radere al suolo il paesaggio.
Anche la trama è volta all’aumento della drammaticità. I dialoghi ancora una volta fanno comprendere come la guerra trasformi l’uomo in bestia sadica e vendicativa. Il gioco cerca di giustificare la propria atrocità con scene simili allo sbarco in Normandia di “Salvate il soldato Ryan”. Sotto il profilo psicologico, per quanta psicologia possa esserci in un FPS, “Warld at War” è perfettamente riuscito.

Il motore grafico utilizzato da Treyarch per il nuovo Call of Duty è lo stesso del quarto episodio con qualche ritocco qua e là garantendo allo split screen il giusto rapporto tra fluidità e qualità. Il multiplayer on line non è stato mortificato da tagli al comparto video che conserva texture e animazioni entro gli standard del gioco offline. Una menzione speciale la merita il lanciafiamme, che seppur lontano dal fuoco dinamico di Far Cry 2, offre un impatto visivo davvero eccellente. Quest’ultimo Call of Duty trae beneficio dalla moltitudine di ambientazioni, per offrire non solo i soliti paesaggi in rovina di una Berlino massacrata dai bombardamenti, ma anche la magia ed il colore dei castelli Nipponici, ricchi di colore ed immersi nei soleggiati paradisi naturali.
La colonna sonora che accompagna il furore della battaglia è composta da brani sinfonici e melodie, che richiamano fortemente le origini del luogo in cui si svolge lo scontro, ma hanno tutte una particolarità: sono riarrangiate da potenti chitarre heavy metal, che stranamente si fanno notare senza stonare nell’ambientazione storica.
Il doppiaggio, se pur di buona fattura, soffre in più di un’occasione il triste problema della sincronizzazione del labbiale.

Ciò che in prima battuta, appare decisamente meno gratificante, rispetto a Call of Duty 4 è il level design delle mappe single player (per il multiplayer è tutto un altro discorso).
I bivi e le strade alternative, introdotte già dal “vecchio” secondo capitolo, sembrano un discorso dimenticato. Non mancano gli spazi aperti, che regalano agli occhi maestose azioni corali, ma spesso e volentieri ci si trova cementati tra pareti invisibili mal celate. Una nota positiva è che ci troviamo di fronte a mappe di generose proporzioni, caricate in maniera molto celere mentre a video girana il briefing della missione accompagnato da filmati d’epoca.
Il gioco scorre via liscio come l’olio, mentre il nostro arsenale miete vittime a tutto spiano, anche perché nazisti e giapponesi virtuali sembrano non avere molto sale in zucca. In compenso ai livelli di difficoltà più elevata, gli eserciti avversari sono composti interamente da formidabili cecchini. Più di una volta ho provato il desiderio di scagliare dalla finestra il pad, giocando alcuni ostici passaggi, fortunatamente è ostico ma non impossibile. La durata complessiva del titolo è tranquillamente paragonabile a quella dei suoi predecessori, tutto stà alla vostra bravura ed al livello di sfida selezionato.

Anche quest’anno la “parte del leone” spetta al multiplayer, che offre addirittura la possibilità di giocare l’intera campagna, cooperando con altri tre giocatori on line. A questo va, come al solito aggiunto, tutto il bagaglio standard delle schermaglie in rete, ma con una sostanziale differenza: l’esperienza accumulata durante le partite vi premia con degli aumenti di grado, utili a far notare la propria bravura, ma ancora più utili perchè vi permettono di accedere ad un arsenale sempre più vasto, di personalizzare le armi e creare dei kit su misura, composti da un’arma primaria, un’arma secondaria, due tipologie di granate e tre abilità particolari. Queste ultime vanno dalla capacità di sopportare più colpi prima di morire, ad una maggior capacità di danno contro i nemici.
Il level design delle mappe, al contrario di quello single player, mostra la grande competenza di Treyarch. Le aree sono molto ampie ed eterogenee, non ci sono zone dove potersi arroccare senza possibilità d’essere colpiti e la dimensione media dei livelli è decisamente ampia, permettendo ancora una volta la presenza dei carriarmati ad irrobustire ulteriormente il comparto del multiplayer.

Senza dubbio alcuno Call of Duty Warld at War è il degno seguito di Modern Warfare. Il regalo che ogni appassionato della serie meriterebbe di trovare sotto l’albero... e poi c’è anche una bella modalità per quattro giocatori in cui combattere contro gli zombi nazisti! Cosa si può chiedere di più da un FPS? Io non lo so, ma lo scopriremo di sicuro con il prossimo Call of Duty.
Recensione a cura di:
Sergio Magliacano
Votazione
Grafica: 9.3
Sonoro: 8
Giocabilitá: 9
Longevitá: 8.5

Voto Finale
9
Consigliato da Overgame

+ Punta di diamante:
+ Multiplyer ricco mi ci ficco
+ Tecnicamente al top

- Pecora nera:
- Mappe non proprio eccellenti
- Problemi di sincronia del labiale
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Activision

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